La Corte costituzionale censura il meccanismo di proroga automatica delle concessioni demaniali marittime previsto nella Regione Sicilia Con la recentissima sentenza n. 109/2024 del 24/6/2024 la Consulta, in accoglimento del ricorso presentato dallo Stato, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 36 della legge della Regione Siciliana 22 febbraio 2023, n. 2 (Legge di stabilità regionale 2023-2025), nella parte in cui sposta ulteriormente in avanti il termine di presentazione della domanda di proroga delle concessioni demaniali marittime in essere. In via preliminare la Corte costituzionale, delineando il quadro normativo di riferimento, evidenzia come l’art. 36 della legge regionale siciliana, intitolato «Modifiche di norme in materia di concessioni demaniali marittime», introduca nuovi termini per le concessioni demaniali marittime. Nella sua prima parte, stabilisce il nuovo termine del 30 aprile 2023 per la presentazione delle domande di proroga delle concessioni attualmente in vigore. In precedenza l’art. 1, comma 1, della legge della Regione Siciliana 14 dicembre 2019, n. 24 (Estensione della validità delle concessioni demaniali marittime), aveva disposto l’estensione delle concessioni demaniali esistenti al 31 dicembre 2018 fino al 31 dicembre 2033, a condizione che il concessionario presentasse apposita domanda. Questa estensione era in linea con le previsioni statali contenute nell’art. 1, commi 682 e 683, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), che avevano fissato una durata di quindici anni (quindi fino al 2033) per le concessioni demaniali marittime vigenti al momento della loro entrata in vigore. Nel corso del giudizio, l’Avvocatura dello Stato ha osservato come la disposizione regionale impugnata corrobori la proroga delle concessioni demaniali marittime fino al 31 dicembre 2033, nonostante i citati commi 682 e 683 dell’art. 1 della legge n. 145 del 2018 siano stati abrogati, per «incompatibilità con l’ordinamento unionale», dall’art. 3, comma 5, lettera a), della legge 5 agosto 2022, n. 118 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021), con conseguente violazione dei vincoli derivanti dall’ordinamento unionale e, quindi, dell’art. 117, primo comma, della Costituzione. Dopo aver ripercorso il travagliato iter dei vari interventi legislativi susseguitisi in tema di concessioni demaniali marittime a livello nazionale, la Consulta si sofferma sull’analisi della normativa regionale siciliana. In particolare osserva come, da ultimo, l’art. 1, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 24 del 2019, conformemente alle previsioni dei commi 682 e 683 dell’art. 1 della legge n. 145 del 2018, prevedesse la possibilità di una proroga ex lege delle concessioni in essere, a patto che il concessionario presentasse apposita domanda entro il 30 aprile 2020. Tale termine di presentazione della domanda è stato a sua volta prorogato a più riprese, sino alla previsione dell’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 2 del 2023, oggetto di censura nella sentenza in esame, con la quale il termine per la presentazione delle domande è stato differito al 30 aprile 2023. La Corte precisa che sebbene le censurate previsioni legislative non comportino, di per sé, una proroga delle concessioni in essere (effetto che dipende invece dall’art. 1 della legge reg. Siciliana n. 24 del 2019, mai impugnato dal Governo), queste hanno l’effetto concreto di confermare l’ultravigenza delle concessioni, in quanto abilitano la platea degli aventi diritto a presentare domanda per un notevole lasso di tempo aggiuntivo. In tale prospettiva, pertanto, viene riconosciuta l’attualità dello Stato a dolersi dell’illegittimità costituzionale del censurato art. 36 in relazione alla fonte interposta costituita dall’art. 12 della direttiva 2006/123/CE (c.d. Direttiva Bolkestein, della cui prevalenza sul diritto nazionale abbiamo già ampiamente discusso). Entrando poi nel merito del giudizio, la Consulta si esprime nei seguenti termini: “In una più recente occasione, e sempre in sede di giudizio in via principale, questa Corte – sia pure con riferimento alle concessioni per lo sfruttamento delle acque minerali e termali, ma con affermazioni che mantengono validità anche per le concessioni del demanio marittimo – è giunta ad analoghe conclusioni, questa volta con esplicito riferimento alle previsioni dell’art. 12 della direttiva 2006/123/CE (evocata quale parametro interposto, allora come nel presente giudizio). Sulla premessa che tale disposizione impone l’obbligo, sufficientemente preciso, di procedere a una selezione tra i candidati potenziali, «che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento», questa Corte ha, quindi, ribadito che «il rinnovo o la proroga automatica delle concessioni del demanio marittimo (da ultimo, sentenza n. 1 del 2019) […] viola l’art. 117, primo comma, Cost., per contrasto con i vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione in tema di libertà di stabilimento e di tutela della concorrenza, dal momento che altri operatori non avrebbero la possibilità, alla scadenza della concessione, di concorrere per la gestione se non nel caso in cui il vecchio gestore non chieda la proroga o la chieda senza un valido programma di investimenti» (sentenza n. 233 del 2020).Le affermazioni che precedono vanno ribadite anche con riguardo alla questione odierna, pur se, a differenza dei precedenti citati, il differimento del termine disposto dalla norma qui impugnata non si riferisce questa volta (come già visto) alla vera e propria proroga delle concessioni demaniali – che trova origine nella più risalente previsione della legge regionale n. 24 del 2019 – ma esclusivamente alla presentazione, da parte del titolare in scadenza, dell’istanza di proroga del titolo. Occorre tuttavia rilevare che la rinnovazione anche solo di quest’ultima possibilità finisce con l’incidere sul regime di durata dei rapporti in corso, perpetuandone il mantenimento, e quindi rafforza, in contrasto con i principi del diritto UE sulla concorrenza, la barriera in entrata per nuovi operatori economici potenzialmente interessati alla utilizzazione, a fini imprenditoriali, delle aree del demanio marittimo. Va dunque dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 2 del 2023, per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., in relazione alle previsioni interposte dell’art. 12 della direttiva 2006/123/CE”. Articolo scritto da Avvocato Massimiliano Campofranco – settore Diritto Amministrativo e Appalti Studio Campofranco – Viale Italia 128 Ladispoli (RM) Contattaci Seguici sui social