Appalti Pubblici

Scopri le differenze tra avvalimento operativo, di garanzia e premiale negli appalti pubblici.

La differenza tra avvalimento operativo, di garanzia e premiale negli appalti pubblici

Cos’è l’avvalimento e perché è importante negli appalti pubblici Nel settore degli appalti pubblici, non tutte le imprese dispongono internamente dei requisiti tecnici o finanziari richiesti per partecipare a una gara. Per questo motivo, l’ordinamento consente l’utilizzo dell’avvalimento, uno strumento che permette a un operatore economico di avvalersi delle capacità di un altro soggetto per partecipare a una gara. Con il nuovo Codice dei Contratti Pubblici (d.lgs. 36/2023), l’avvalimento è riconducibile a tre diverse tipologie: operativo, di garanzia e premiale. Comprendere la differenza tra queste forme è essenziale per scegliere la strategia migliore per ridurre il rischio di esclusione e/o aumentare le possibilità di aggiudicare la gara. L’avvalimento operativo: capacità tecniche e risorse materiali L’avvalimento operativo è la forma più classica e ricorrente. Si utilizza quando l’impresa concorrente non dispone in proprio di determinate capacità tecniche o professionali, e si affida a un’impresa ausiliaria che le mette a disposizione mezzi, personale, attrezzature, know-how aziendale etc. Questa forma di avvalimento comporta una collaborazione reale e sostanziale tra concorrente ausiliato e impresa ausiliaria. È quindi necessario stipulare un contratto dettagliato che indichi come verranno rese disponibili le risorse e dimostrare concretamente la messa a disposizione di tali mezzi. L’avvalimento di garanzia: solidità economico-finanziaria L’avvalimento di garanzia si utilizza per soddisfare i requisiti di capacità economico-finanziaria richiesti dalla procedura di gara. In questo caso, l’impresa ausiliaria non fornisce risorse materiali o tecniche, ma mette a disposizione la propria solidità economica e ha lo scopo di rassicurare la stazione appaltante sulla capacità del concorrente di far fronte alle obbligazioni derivanti dal contratto. Come tale, questo non necessita di essere riferito a beni capitali descritti e individuati con precisione. È una tipologia più “formale” di supporto, ma richiede comunque un contratto di avvalimento e una dichiarazione dell’ausiliaria che assuma l’impegno nei confronti della stazione appaltante. L’avvalimento premiale: ottenere punteggi aggiuntivi Introdotto dal nuovo Codice, l’avvalimento premiale consente all’impresa concorrente di ottenere punteggi aggiuntivi in fase di valutazione dell’offerta, grazie all’esperienza, le dotazioni di mezzi e/o personale o alle certificazioni dell’impresa ausiliaria. Tale tipologia di avvalimento, in vigenza del precedente Codice (d.lgs. 50/2016) veniva ammesso dalla giurisprudenza non nella sua forma “pura”- cioè finalizzata al solo ottenimento di punteggi tecnici aggiuntivi – ma unicamente laddove fosse collegato in via principale al soddisfacimento dei requisiti di gara e solo in via incidentale poteva consentire l’attribuzione di punteggi migliorativi nel caso in cui i requisiti effettivamente prestati fossero premiati dalla lex specialis di gara. Con l’entrata in vigore del nuovo Codice, tale impostazione è stata superata e viene ora espressamente normata questa nuova tipologia di avvalimento, che ha il solo scopo di migliorare l’offerta del concorrente. Non è rilevante ai fini della partecipazione, ma può fare la differenza nelle gare da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Anche in questo caso, è necessario dimostrare l’effettiva disponibilità delle capacità premiali. Rischi e consigli per un avvalimento efficace Ogni forma di avvalimento comporta specifici obblighi documentali e rischi. Errori nella stesura del contratto, dichiarazioni generiche o carenza di prove documentali possono portare all’esclusione dalla gara o non consentire l’attribuzione di un punteggio migliorativo. Per questo motivo è fondamentale affidarsi a un legale esperto che: analizzi il bando e individui la forma di avvalimento più adatta; rediga correttamente il contratto tra concorrente e ausiliaria; predisponga la documentazione da allegare alla domanda.  Hai dubbi su quale tipo di avvalimento sia giusto per la tua gara? Compila subito il form qui sotto per prenotare una consulenza con l’Avv. Massimiliano Campofranco. Ti aiuteremo a strutturare una strategia efficace per partecipare alla gara con il massimo delle garanzie.

revisione prezzi appalti pubblici

Revisione prezzi e “caro materiali”: come tutelare la tua impresa negli appalti pubblici

Quando i rincari mettono a rischio i contratti pubblici Negli ultimi anni, le imprese che operano nel settore degli appalti pubblici si sono trovate ad affrontare un grave squilibrio economico dovuto al cosiddetto “caro materiali”. Il vertiginoso aumento del costo delle materie prime e della manodopera ha reso difficile rispettare i prezzi offerti in fase di gara, generando un alto rischio di inadempimento e perdita economica. La situazione di crisi venutasi a creare dopo la nota emergenza epidemiologica da COVID-19 e ulteriormente aggravata dalle tensioni belliche in territorio europeo, ha portato il legislatore in primo luogo a intervenire con decretazione d’urgenza (d.l. 73/2021 e d.l. 4/2022) per rendere obbligatorio l’inserimento negli atti di gara di clausole di revisione prezzi, che nell’allora vigente Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 50/2016) veniva prevista come mera facoltà. Successivamente, con l’adozione del nuovo Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 36/2023), si è tornati a una revisione prezzi prevista come espressamente obbligatoria (come nell’assetto dell’ancora previgente Codice, D.lgs. 163/2006). In questo scenario, la revisione prezzi negli appalti pubblici è diventata uno strumento fondamentale per tutelare le aziende e garantire la prosecuzione dei lavori. Cos’è la revisione prezzi e quando si applica La revisione del prezzo d’appalto è prevista dall’art. 60 Codice dei Contratti pubblici e consente l’adeguamento dei prezzi contrattuali al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva che determinino una sensibile variazione del costo dell’opera, della fornitura o del servizio. In particolare, salva la facoltà negli appalti di servizi e forniture di inserire meccanismi ordinari di adeguamento del prezzo del contratto all’indice inflattivo convenzionalmente individuato tra le parti, viene previsto l’obbligo di revisione in caso delle seguenti variazioni, da calcolarsi sulla base di specifici indici ISTAT: a) una variazione del costo dell’opera, della fornitura o del servizio, in aumento o in diminuzione, superiore al 3 per cento dell’importo complessivo e operano nella misura dell’80 per cento del valore eccedente la variazione del 5 per cento applicata alle prestazioni da eseguire; b) una variazione del costo della fornitura o del servizio, in aumento o in diminuzione, superiore al 5 per cento dell’importo complessivo e operano nella misura dell’80 per cento del valore eccedente la variazione del 5 per centoapplicata alle prestazioni da eseguire. Come ottenere la revisione prezzi Per accedere a questo meccanismo è necessario rispettare condizioni e tempistiche precise. Tra i principali adempimenti richiesti: Verifica della presenza della clausola nel contratto; Dimostrazione dell’aumento dei costi tramite documentazione tecnica e contabile; Presentazione dell’istanza entro i termini stabiliti dalla normativa vigente o dal bando. Una domanda incompleta o presentata fuori termine può essere rigettata, comportando la perdita della possibilità di un importante ristoro economico in favore dell’impresa. Il ruolo dell’assistenza legale: prevenire errori e contenziosi Lo Studio Legale Campofranco fornisce un’assistenza altamente specializzata per accompagnare le imprese in tutte le fasi della procedura: Analisi del contratto e dei requisiti normativi; Predisposizione dell’istanza di revisione prezzi o compensazione; Assistenza in caso di rigetto o contenzioso con la stazione appaltante; Supporto strategico nella partecipazione a future gare con clausole aggiornate. Grazie all’esperienza maturata nel settore degli appalti pubblici, l’Avv. Massimiliano Campofranco garantisce un servizio su misura e tempestivo. Il caro materiali ha cambiato profondamente l’equilibrio economico degli appalti pubblici. Tuttavia, esistono strumenti concreti per tutelare la tua impresa. La revisione prezzi, se ben gestita, può consentire il recupero di risorse e la salvaguardia della competitività aziendale. Vuoi sapere se puoi ottenere una revisione prezzi o presentare una domanda di compensazione? Compila subito il form qui sotto per prenotare una consulenza con l’Avv. Massimiliano Campofranco. Riceverai un’analisi personalizzata del tuo contratto e indicazioni pratiche su come agire in modo efficace.

Appalti Verdi e Sostenibilità: Una Nuova Sfida per Imprese e PA

Appalti Verdi e Sostenibilità: una nuova sfida per Imprese e Pubblica Amministrazione

La rivoluzione verde negli appalti pubblici Negli ultimi anni, il concetto di sostenibilità ambientale è diventato centrale anche nell’ambito degli appalti pubblici. L’introduzione dei Criteri Ambientali Minimi (CAM) ha trasformato le modalità di partecipazione alle gare pubbliche, spingendo imprese e Pubbliche Amministrazioni verso pratiche più responsabili e rispettose dell’ambiente. Tale cambiamento non è solo una questione normativa, ma rappresenta un’evoluzione culturale profonda. Le amministrazioni stanno assumendo un ruolo attivo nel promuovere una transizione ecologica, e le aziende sono chiamate a rivedere i propri processi produttivi, logistica e approvvigionamento per soddisfare standard sempre più esigenti. Cosa dice la normativa: l’art. 57 del Codice dei contratti pubblici L’articolo 57 del nuovo Codice dei contratti pubblici stabilisce l’obbligo, per tutte le stazioni appaltanti, di inserire nei bandi i CAM definiti dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE). L’obiettivo è promuovere acquisti sostenibili in settori strategici come edilizia, servizi energetici, arredi, ristorazione collettiva e altri. Questo obbligo, che si inserisce nel più ampio Piano d’Azione Nazionale sul Green Public Procurement, punta a ridurre l’impatto ambientale delle forniture pubbliche. L’inserimento dei CAM comporta anche un’evoluzione nella valutazione delle offerte, che non si basa più solo su prezzo e qualità, ma anche sull’impatto ambientale e sociale dell’intera proposta. Il mancato rispetto dei CAM può comportare l’esclusione dalla gara o dar luogo a contenziosi. Inoltre, il rispetto dei criteri ambientali può influenzare positivamente la valutazione dell’offerta attraverso l’attribuzione di punteggi tecnici aggiuntivi, premiando le imprese che dimostrano un impegno concreto verso la sostenibilità. Le principali criticità per aziende ed enti pubblici Nonostante l’importanza crescente della sostenibilità, molte imprese si trovano impreparate ad affrontare queste nuove richieste: Mancanza di conoscenza sui CAM e sulle modalità di applicazione; Difficoltà nel bilanciare sostenibilità ambientale ed economica dell’offerta; Rischio di esclusione in caso di non conformità; Perdita di competitività in un mercato in cui la sostenibilità è ormai un requisito chiave; Carenza di competenze tecniche interne per affrontare le nuove richieste dei bandi pubblici; Incertezza nell’interpretazione dei requisiti e nella documentazione da presentare in sede di gara. Molti enti pubblici, inoltre, si trovano in difficoltà nel predisporre correttamente i bandi, nel controllare l’effettiva conformità e nel gestire eventuali contestazioni. Il tema della sostenibilità, sebbene prioritario, richiede una preparazione adeguata e risorse dedicate. Le soluzioni per affrontare con successo la sfida degli Appalti Verdi Per adattarsi al nuovo contesto e cogliere le opportunità offerte dagli appalti sostenibili, è fondamentale adottare un approccio strategico e proattivo. Le aziende devono iniziare un percorso di adeguamento che coinvolga tutti i livelli organizzativi. 1. Formazione continua Aggiornarsi sulle normative vigenti e partecipare a corsi specifici sugli appalti sostenibili è essenziale per restare al passo con l’evoluzione legislativa e tecnica. Oltre ai corsi teorici, è utile investire in workshop pratici e casi studio per comprendere come i CAM vengono applicati in concreto. È altresì consigliabile istituire una figura interna o un team dedicato alla gestione degli aspetti legati alla sostenibilità. 2. Certificazioni ambientali Dotarsi di certificazioni come ISO 14001, EMAS o FSC può rappresentare un vantaggio competitivo importante, dimostrando l’impegno concreto dell’azienda nella sostenibilità. Tali certificazioni non sono solo strumenti di marketing, ma diventano vere e proprie leve strategiche per migliorare la reputazione aziendale, facilitare l’accesso alle gare e ottenere punteggi premianti nei criteri di valutazione tecnica. 3. Offerte ottimizzate Analizzare con attenzione i bandi di gara, evidenziare la conformità ai CAM e valorizzare gli aspetti ambientali e sociali dell’offerta è fondamentale per migliorare il punteggio tecnico. Occorre strutturare in modo chiaro la documentazione tecnica, allegare certificazioni, piani di sostenibilità, esempi di buone pratiche e dimostrare concretamente l’impatto positivo delle soluzioni proposte. La coerenza tra offerta tecnica e operatività aziendale è decisiva. 4. Supporto legale esperto Affidarsi a un team legale specializzato consente di redigere la documentazione correttamente, prevenire errori formali e sostanziali e incrementare le possibilità di aggiudicazione. L’assistenza legale può essere determinante anche nella fase di verifica e controllo post-aggiudicazione, nella gestione di eventuali contenziosi e nell’interpretazione delle normative in continua evoluzione. Vuoi assicurarti di rispettare i CAM e vincere le gare pubbliche? Compila il form qui sotto e prenota ora una consulenza gratuita con lo Studio Legale Campofranco per scoprire come rendere la tua azienda competitiva, sostenibile e conforme ai nuovi standard richiesti nei bandi pubblici. Con un’esperienza pluriennale in materia di appalti e un aggiornamento costante sulle normative green, lo Studio Campofranco affianca imprese e Pubbliche Amministrazioni nella redazione dei documenti di gara, nell’ottenimento delle certificazioni ambientali e nella predisposizione di offerte capaci di rispondere a tutte le nuove esigenze del settore.

Come migliorare le tue possibilità di vincere un appalto pubblico

Partecipare a un bando di gara pubblica è un’opportunità importante per ogni impresa, ma le competizioni sono spesso dure. Se vuoi migliorare le tue possibilità di successo, è fondamentale essere ben preparato e conoscere le giuste strategie. In questo articolo, esploreremo alcuni consigli pratici per aumentare le tue probabilità di vincere un appalto pubblico. 1. Preparazione Completa della Documentazione Una delle chiavi per vincere un appalto pubblico è garantire che tutta la documentazione richiesta sia completa e correttamente compilata. Molti partecipanti falliscono proprio per la mancanza di uno dei documenti necessari o per errori formali che potrebbero compromettere l’offerta. Documenti richiesti Assicurati di fornire tutte le certificazioni richieste (ad esempio, DURC, bilanci aziendali) e rispetta i requisiti specifici indicati nel bando. Ogni mancanza potrebbe risultare in un’esclusione automatica. 2. Offerta Economica Competitiva e Realistica L’aspetto economico è uno degli elementi fondamentali nell’aggiudicazione di un appalto pubblico, ma attenzione: non sempre la proposta più bassa è la migliore. È essenziale presentare un’offerta economica competitiva che rifletta correttamente il valore del servizio o del prodotto che offri, senza compromettere la qualità. Come fare? Analizza i costi con attenzione, calcolando i margini in modo realistico. Se l’offerta è troppo bassa, potrebbe essere qualificata come “anomala”, facendo sorgere dubbi sulla tua capacità di eseguire correttamente l’appalto o di rispettare i trattamenti retributivi e contributivi minimi dei lavoratori dipendenti. Se è troppo alta, rischi di essere escluso a favore di concorrenti più economici. 3. Conoscenza Approfondita del Bando Un altro passo fondamentale per aumentare le tue probabilità di successo è leggere con attenzione il bando di gara. I dettagli spesso nascondono informazioni cruciali che possono fare la differenza. Come leggere un bando? Leggi il bando più volte e, se necessario, chiedi, con il supporto di un esperto legale, chiarimenti alla stazione appaltante. Verifica con precisione i criteri di selezione e di aggiudicazione, e assicurati di soddisfarli tutti. Ogni aspetto deve essere coperto dalla tua offerta, senza omissioni. 4. Conformità alle Normative di settore Ogni appalto pubblico è disciplinato da leggi e regolamenti specifici. Assicurati che la tua offerta rispetti tutte le normative locali, nazionali e internazionali relative sia agli appalti pubblici in generale che al singolo settore oggetto di appalto, come il Codice degli Appalti, le direttive UE, e i regolamenti ambientali, sociali e fiscali. Controllo legale Chiedi a un esperto legale di rivedere la tua offerta per essere sicuro che tutto sia conforme alla normativa di settore. Un errore potrebbe portare al rigetto dell’offerta, anche se il contenuto è altrimenti impeccabile. 5. Puntare sulla Qualità, Non Solo sul Prezzo Spesso i bandi di gara valutano non solo l’aspetto economico, ma anche la qualità della proposta. Cerca di presentare soluzioni innovative o di valore aggiunto che dimostrino la tua capacità di offrire il meglio in termini di qualità, affidabilità e rispondenza alle esigenze specifiche del bando. Differenziati Investi nella qualità e cerca di includere aspetti che ti possano distinguere dai concorrenti, come l’utilizzo di tecnologie avanzate, l’adozione di pratiche sostenibili, o il rispetto dei più alti standard di qualità. 6. Costruire una Rete di Collaborazioni In alcuni casi, potresti avere maggiori possibilità di successo partecipando a un raggruppamento temporaneo di imprese (RTI). Questa opzione ti permette di unire le forze con altre aziende e di affrontare l’appalto in modo più competitivo. Vantaggi di un RTI Collaborando con altre imprese, puoi condividere risorse, competenze e esperienze. Questo ti consente di offrire un pacchetto completo e ben strutturato, aumentando così le possibilità di vincita. Avvalimento premiale Con l’entrata in vigore del “nuovo” Codice dei Contratti pubblici (d.lgs. 36/2023) è stata prevista la possibilità di ricorrere all’istituto dell’avvalimento, storicamente collegato al solo soddisfacimento dei requisiti di gara, anche solo per migliorare la qualità dell’offerta e ottenere un miglior punteggio tecnico. Subappalto e subappalto qualificante Se la tua impresa non ha interesse a svolgere l’intera prestazione oggetto di appalto o non possiede le qualificazioni necessarie per eseguire determinate lavorazioni, puoi decidere di subappaltare parte dell’attività, cedendola a soggetti terzi, previa indicazione in sede di gara delle prestazioni oggetto di subappalto. Hai bisogno di supporto nella preparazione della tua offerta per un appalto pubblico? Prenota una consulenza gratuita compilando il form qui sotto.

Correttivo al Codice degli Appalti

Correttivo al Codice degli Appalti: le principali novità

Il 7 gennaio 2025 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto correttivo al Codice dei Contratti Pubblici (Decreto legislativo 31 dicembre 2024, n. 209). Questo nuovo testo normativo introduce significative modifiche che hanno l’obiettivo di migliorare l’efficienza, la trasparenza e la competitività delle procedure di appalto, con interventi mirati a favorire innovazione e sostenibilità. Le novità introdotte puntano non solo a semplificare il sistema, ma anche a rendere più inclusivo l’accesso alle gare pubbliche, migliorando la qualità dei progetti realizzati. Di seguito, quindi, una panoramica completa delle principali novità e del loro impatto sul settore. 1. Delegificazione degli allegati Gli allegati tecnici al Codice degli Appalti sono stati separati dal corpo normativo principale, permettendo, in questo modo, un aggiornamento più rapido e flessibile dei riferimenti tecnici e normativi. Questa scelta consente, infatti, agli operatori economici di adattarsi più facilmente alle trasformazioni normative a livello europeo e internazionale, garantendo maggiore competitività e innovazione. Inoltre, la delegificazione mira anche a ridurre i costi burocratici, permettendo aggiornamenti puntuali e tempestivi senza ricorrere a iter legislativi complessi. 2. Disciplina dell’equo compenso La normativa sull’equo compenso di cui alla legge 31 dicembre 2012, n. 247 e s.m.i. assicura ai professionisti una remunerazione proporzionata alla qualità e quantità del lavoro svolto. Questa misura, inoltre, tutela figure professionali come architetti, ingegneri e consulenti, valorizzando le loro prestazioni e rafforzando la fiducia nel sistema degli appalti pubblici. Il correttivo impone di individuare una importo fisso non ribassabile, pari al 65%, calcolato sulla base delle tabelle di cui all’allegato I.13, lasciando come quota ribassabile solo il restante 35% dell’importo a base di gara, con l’intenzione di sviluppare una concorrenza in misura solo marginale sull’elemento prezzo e in maniera preponderante sull’elemento qualitativo. 3. Tutele lavoristiche Nuove disposizioni migliorano le condizioni lavorative nei contratti pubblici. Il correttivo infatti impone l’individuazione da parte della Stazione Appaltante del Contratto Collettivo Nazionale (CCNL) applicabile sin dalla decisione di contrarre, estendendo tale obbligo anche alle prestazioni scorporabili da quelle principali. Viene inoltre rafforzato il rigore sui controlli relativi alla dichiarazione di equivalenza delle tutele, laddove l’operatore economico intenda applicare un CCNL diverso rispetto a quello indicato dalla Stazione Appaltante nei documenti di gara. 4. Rotazione degli affidamenti e garanzie per gli appalti sotto soglia Le regole sulla rotazione degli affidamenti incentivano la partecipazione delle piccole e medie imprese (PMI). Il correttivo impone una motivazione (ancor più) rafforzata nel caso in cui la Stazione Appaltante intenda derogare al principio di rotazione. Questi interventi mirano, quindi, a rendere il mercato più equo e accessibile, favorendo l’inclusività delle PMI. 5. Digitalizzazione del ciclo di vita degli appalti Viene ulteriormente rafforzato l’impiego di strumenti digitali. In particolare il correttivo innalza da 1 a 2 milioni la soglia oltre la quale è obbligatorio l’utilizzo nei lavori del Building Information Modeling (BIM), vengono introdotte modifiche volte a favorire l’utilizzo del Fascicolo Virtuale dell’Operatore Economico (FVOE), a migliorare l’utilizzo del casellario informatico e della Banca dati nazionale dei contratti pubblici (BDNC) e vengono chiarite le modalità di certificazione delle piattaforme telematiche impiegate dalle stazioni appaltanti per lo svolgimento delle procedure di gara. 6. Revisione dei prezzi Nuovi criteri introdotti all’art. 60 per la revisione dei prezzi tanto nei lavori quanto nei servizi/forniture considerano le variazioni di mercato, garantendo la sostenibilità economica dei contratti. Questo intervento mira, infatti, a proteggere sia le amministrazioni appaltanti sia gli operatori economici, evitando squilibri finanziari durante l’esecuzione dei contratti. 7. Sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti Il sistema di qualificazione migliora, inoltre, la competenza e professionalità delle stazioni appaltanti. Criteri rigorosi di valutazione promuovono, infatti, standard operativi più elevati e responsabilità. L’articolo 62 del decreto legislativo n. 36/2023 definisce questa innovazione. Oltre a migliorare la qualità delle gare d’appalto, il sistema introduce, pertanto, incentivi per le stazioni appaltanti che adottano pratiche innovative e sostenibili. 8. Tutela delle micro, piccole e medie imprese I criteri di suddivisione in lotti e il subappalto sono stati modificati, inoltre, per favorire l’accesso delle PMI agli appalti pubblici. Incentivi specifici incoraggiano, quindi, la collaborazione tra PMI e grandi imprese, promuovendo uno sviluppo economico bilanciato e sostenibile. Queste misure contribuiscono, infatti, a creare un ecosistema più equo e dinamico, favorendo la crescita delle realtà imprenditoriali locali. 9. Partenariato pubblico-privato e finanza di progetto Le procedure per il partenariato pubblico-privato e la finanza di progetto sono state semplificate, infatti, agevolando collaborazioni strategiche tra pubblico e privato. Linee guida chiare facilitano, inoltre, l’interazione tra le parti, garantendo un utilizzo efficiente delle risorse disponibili. Questa semplificazione incentiva, pertanto, investimenti in progetti infrastrutturali strategici, con un impatto positivo sullo sviluppo del territorio. Hai bisogno di assistenza con il nuovo Codice degli Appalti? Lo Studio Legale Campofranco è al tuo fianco per aiutarti a comprendere e applicare le novità introdotte dal correttivo al Codice degli Appalti. Che tu sia un professionista, un imprenditore o una pubblica amministrazione, offriamo, infatti, consulenza personalizzata per affrontare al meglio queste modifiche normative. 📞 Prenota una consulenza gratuita oggi stesso su www.studiocampofranco.it o chiamaci al 351 803 9176.  

Vuoi aggiudicarti un appalto pubblico? Assicurati di avere questi requisiti

Per partecipare a una gara d’appalto, è fondamentale soddisfare specifici requisiti di ordine generale e speciale, come stabilito dal Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. n. 36/2023). Questi requisiti garantiscono l’affidabilità morale, professionale e la capacità tecnica ed economica dell’operatore economico. Requisiti Generali I requisiti generali attestano l’integrità morale e professionale del concorrente. La mancanza di tali requisiti comporta l’esclusione automatica dalla gara. Secondo l’art. 94 del Codice dei Contratti Pubblici, le cause di esclusione automatica includono: Condanne definitive per reati gravi come associazione a delinquere di stampo mafioso, corruzione, concussione e altri reati contro la Pubblica Amministrazione. Violazioni gravi e definitivamente accertate degli obblighi relativi al pagamento di imposte, tasse o contributi previdenziali. Stato di fallimento, liquidazione coatta o concordato preventivo. Violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro, nonché obblighi ambientali, sociali e del lavoro. Il successivo art. 95 del Codice dei Contratti Pubblici prevede come quali cause di esclusione non automatica: gravi infrazioni di norme in materia di salute e di sicurezza sul lavoro nonché agli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro.  situazioni di conflitto di interesse distorsione della concorrenza o situazioni di cartello tra concorrenti alla medesima procedura di gara commissione di gravi illeciti professionali È importante notare che l’assenza di tali cause di esclusione deve essere mantenuta non solo al momento della presentazione dell’offerta, ma per tutta la durata della procedura di gara e durante l’esecuzione del contratto. Requisiti Speciali I requisiti speciali attestano la capacità economica, finanziaria, tecnica e professionale dell’operatore economico. Questi requisiti possono variare in base alla specificità dell’appalto e sono generalmente dettagliati nel bando di gara. Secondo l’art. 100 del Codice dei contratti pubblici, i requisiti speciali includono: Idoneità professionale: iscrizione alla Camera di Commercio, albi professionali o registri pertinenti all’attività oggetto dell’appalto. Capacità economica e finanziaria: dimostrazione di un fatturato minimo annuo, referenze bancarie e adeguata copertura assicurativa contro i rischi professionali. Capacità tecniche e professionali: esperienza pregressa in servizi o lavori analoghi, disponibilità di personale qualificato e attrezzature adeguate. Le stazioni appaltanti possono richiedere ulteriori certificazioni o attestazioni, come le certificazioni di qualità conformi alle norme europee, rilasciate da organismi accreditati. Procedure di Verifica Le stazioni appaltanti sono tenute a verificare il possesso dei requisiti dichiarati dai concorrenti. Questa verifica avviene attraverso la documentazione presentata e consultando il Fascicolo Virtuale dell’Operatore Economico (FVOE), dove sono raccolte le informazioni rilevanti. Consulenza Legale Navigare tra le normative e i requisiti delle gare d’appalto può essere complesso. Affidarsi a professionisti esperti, come l’Avvocato Campofranco, può aiutare la tua azienda a verificare la conformità ai requisiti richiesti, massimizzando le possibilità di successo nelle procedure di gara.

CCNL Appalti Studio Legale Campofranco

CCNL e appalti: la decisione che tutela le imprese

La libera scelta del CCNL nelle gare d’appalto pubblico Secondo il TAR Lombardia, è precluso alla stazione appaltante imporre agli operatori economici l’applicazione di un determinato CCNL (Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro) per l’esecuzione di una gara di appalto pubblico, pena la violazione della libera iniziativa imprenditoriale. La sentenza del TAR Lombardia n. 2780/2024 Con la sentenza TAR Lombardia, sez. IV, n.2780/2024 del 21 ottobre 2024, viene ribadito che l’inaffidabilità dell’offerta presentata non può essere desunta dal semplice scostamento dalle tabelle ministeriali o dall’adozione di un CCNL diverso da quello previsto dalla stazione appaltante per stimare i costi della manodopera. L’origine della vicenda La controversia nasce dall’esclusione di una Società Cooperativa per il prezzo ritenuto anormalmente basso in relazione ai costi indicati per la manodopera. La stazione appaltante, dopo una prima riammissione disposta dal TAR in sede cautelare, ha escluso nuovamente l’offerta della cooperativa per una presunta sottostima del costo del lavoro. La contestazione della ricorrente Libero inquadramento del personale impiegato: L’istante lamenta come indipendentemente dall’inquadramento fornito dalla Stazione appaltante in sede di stima dei costi della manodopera, non sia preclusa la libera scelta per l’impresa di impiegare personale di diverso inquadramento, laddove questo sia coerente con le mansioni concretamente affidate in relazione all’oggetto dell’appalto. Difformità con quanto previsto nelle tabelle ministeriali sul costo del lavoro: Viene evidenziato come sia possibile, ove correttamente contestualizzato e giustificato, uno scostamento delle singole voci di costo previste nelle tabelle ministeriali sul costo del lavoro. Discordanza nei costi: La cooperativa evidenzia che la discrepanza tra il costo per la manodopera in senso stretto e il costo del personale, deriva dalla prescrizione di indicare un costo orario comprensivo di tutti gli oneri, come dispositivi di protezione individuale (DPI) e spese amministrative. Mancanza di contraddittorio: La ricorrente lamenta che la stazione appaltante non ha richiesto chiarimenti sull’offerta prima di procedere all’esclusione, violando l’art. 97 comma 5 del d.lgs. 50/2016 (ora art. 110 comma 2 del d.lgs. 36/2023). Le decisioni del TAR Lombardia Il TAR accoglie il ricorso, sottolineando che: È precluso alla stazione appaltante di imporre agli operatori economici l’applicazione di un determinato CCNL per la partecipazione alla gara, il che implica anche la libertà dell’imprenditore di operare gli inquadramenti professionali secondo la regolamentazione dettata dal CCNL applicato. Lo scostamento del costo del lavoro rispetto ai valori ricavabili dalle tabelle ministeriali o dai contratti collettivi non può comportare, di regola e di per sé, un automatico giudizio di inattendibilità occorrendo che le discordanze siano considerevoli e palesemente ingiustificate. Le difformità nei costi sono conseguenza delle indicazioni della stazione appaltante e non costituiscono modifiche quantitative all’offerta, non potendo arrecare pregiudizio al concorrente un’ambigua formulazione degli atti di gara da parte della stazione appaltante. Escludere un’offerta senza contraddittorio viola la normativa vigente, che prevede la richiesta scritta di spiegazioni entro un termine minimo di quindici giorni. La libertà di inquadramento del personale La stazione appaltante aveva contestato l’inquadramento del personale della cooperativa, sostenendo che avrebbe dovuto seguire il livello D1 del CCNL Cooperative Sociali. La ricorrente, invece, prevedeva anche l’impiego di personale inquadrato ai livelli B1 e C1, in ragione della natura mista (educativa e assistenziale) del servizio, così come concretamente delineato negli atti di gara. Le conclusioni del TAR sul CCNL Il TAR conferma che: Imporre un CCNL specifico è contrario alla libertà imprenditoriale. Le tabelle ministeriali sul costo del lavoro non rappresentano parametri rigidi dai quali è impossibile discostarsi. L’inquadramento professionale scelto dalla ricorrente è conforme all’appalto, che prevede attività sia educative che assistenziali. Disposizioni finali Il giudice amministrativo, rilevata l’illegittimità dello svolgimento della procedura di verifica dell’anomalia dell’offerta per le motivazioni sopra esposte, ne ordina alla stazione appaltante la rinnovazione. In sintesi La sentenza ribadisce la centralità della libertà imprenditoriale e del contraddittorio nelle procedure di gara, promuovendo una maggiore flessibilità nell’applicazione dei contratti collettivi e nella valutazione delle offerte economiche.

Rotazione contratti pubblici

Il principio di rotazione nel nuovo Codice dei contratti pubblici: prime applicazioni giurisprudenziali

Con una recente sentenza il TAR Sicilia, sezione distaccata di Catania, si è pronunciato sulla portata del principio di rotazione alla luce del nuovo testo del Codice dei contratti pubblici. Il principio di rotazione nell’ambito dei contratti pubblici, che trova la sua origine nel d.lgs. 1630/2006 ed è stato nel tempo raffinato – soprattutto in via giurisprudenziale – è espressione dei principi cardine del diritto eurounitario che mirano alla più ampia apertura della concorrenza. In applicazione di tale principio si vuole evitare che nei contratti c.d. sottosoglia, cioè laddove non sempre viene imposta l’adozione una procedura di gara aperta che garantisca la massima apertura alla concorrenza, si vadano a creare situazioni di “vicinanza” tra l’Amministrazione e un determinato operatore economico. E ciò sul presupposto che, in via generale, aprire un confronto competitivo per l’affidamento di un contratto pubblico, porti i maggior benefici all’Amministrazione sia in termini di risparmio che di qualità delle prestazioni ricevute. Nel previgente assetto normativo il principio di rotazione veniva sancito all’art. 36 del d.lgs. 50/2016 e ulteriormente specificato tramite le linee guida ANAC n. 4 in tema di affidamenti sottosoglia, che sul punto così prevedevano: “Si applica il principio di rotazione degli affidamenti e degli inviti, con riferimento all’affidamento immediatamente precedente a quello di cui si tratti, nei casi in cui i due affidamenti, quello precedente e quello attuale, abbiano ad oggetto una commessa rientrante nello stesso settore merceologico, ovvero nella stessa categoria di opere, ovvero ancora nello stesso settore di servizi. Il principio di rotazione comporta, di norma, il divieto di invito a procedure dirette all’assegnazione di un appalto, nei confronti del contraente uscente e dell’operatore economico invitato e non affidatario nel precedente affidamento. La rotazione non si applica laddove il nuovo affidamento avvenga tramite procedure ordinarie o comunque aperte al mercato, nelle quali la stazione appaltante, in virtù di regole prestabilite dal Codice dei contratti pubblici ovvero dalla stessa in caso di indagini di mercato o consultazione di elenchi, non operi alcuna limitazione in ordine al numero di operatori economici tra i quali effettuare la selezione. La stazione appaltante, in apposito regolamento (di contabilità ovvero di specifica disciplina delle procedure di affidamento di appalti di forniture, servizi e lavori), può suddividere gli affidamenti in fasce di valore economico, in modo da applicare la rotazione solo in caso di affidamenti rientranti nella stessa fascia. Il provvedimento di articolazione in fasce deve prevedere una effettiva differenziazione tra forniture, servizi e lavori e deve essere adeguatamente motivato in ordine alla scelta dei valori di riferimento delle fasce; detti valori possono tenere conto, per i lavori, delle soglie previste dal sistema unico di qualificazione degli esecutori di lavori. In ogni caso, l’applicazione del principio di rotazione non può essere aggirata, con riferimento agli affidamenti operati negli ultimi tre anni solari, mediante ricorso a: arbitrari frazionamenti delle commesse o delle fasce; ingiustificate aggregazioni o strumentali determinazioni del calcolo del valore stimato dell’appalto; alternanza sequenziale di affidamenti diretti o di inviti agli stessi operatori economici; affidamenti o inviti disposti, senza adeguata giustificazione, ad operatori economici riconducibili a quelli per i quali opera il divieto di invito o affidamento, ad esempio per la sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 80, comma 5, lettera m del Codice dei contratti pubblici”. Nell’ambito della vigente normativa, il principio di rotazione viene espressamente disciplinato in un articolo ad hoc, e precisamente il 49 del d.lgs. 36/2023 e smi il quale impone, al comma 2, che “In applicazione del principio di rotazione è vietato l’affidamento o l’aggiudicazione di un appalto al contraente uscente nei casi in cui due consecutivi affidamenti abbiano a oggetto una commessa rientrante nello stesso settore merceologico, oppure nella stessa categoria di opere, oppure nello stesso settore di servizi”. L’inciso “due affidamenti consecutivi” ha destato perplessità sin dai primi commenti al testo del nuovo Codice, tenuto conto della possibile confusione che poteva andarsi a creare in ordine al numero dei precedenti affidamenti in capo allo stesso operatore economico che avrebbe fatto scattare l’applicazione del principio e dunque il divieto di reiterazione dell’affidamento. Come andremo subito a vedere, tuttavia, la giurisprudenza si sta già assestando nel senso di dare continuità all’indirizzo interpretativo formatosi in vigenza delle richiamate linee guida ANAC, ritenendo applicabile il principio di rotazione già al secondo affidamento consecutivo e non, dunque, solo a partire dal terzo. La vicenda sottesa alla sentenza del Tar Sicilia, Sezione distaccata di Catania (Sez. I), n. 1099/2024 del 19/3/2024 trae origine dall’impugnazione da parte di un concorrente della propria esclusione da una procedura di gara sottosoglia, disposta dalla Commissione di gara in ragione di un precedente affidamento al medesimo operatore economico. Il ricorrente deduceva in primo luogo che il testo del nuovo Codice laddove si riferisce ai “due consecutivi affidamenti” sembrerebbe alludere a “due affidamenti consecutivi precedenti a quello in corso di affidamento che sarebbe, dunque, il terzo”. Secondo tale ricostruzione, dunque, il principio di rotazione e la conseguente espulsione automatica dalla procedura di gara, troverebbe applicazione unicamente al terzo affidamento del medesimo servizio allo stesso operatore economico. In secondo luogo sosteneva che il precedente affidamento riguardava opere ricadenti nella categoria OG 8, classifica I, mentre quello in esame riguardava sempre opere in OG 8 ma nella diversa classifica III. Tali affidamenti, pertanto, ad avviso del ricorrente non potevano ritenersi come appartenenti a alla medesima categoria di opere, risultando dunque inapplicabile il citato art. 49 in tema di rotazione. Il ricorso viene tuttavia respinto sulla base delle seguenti considerazioni. Ad avviso del TAR “I “due consecutivi affidamenti” fanno (…) riferimento a quello da aggiudicare e a quello “immediatamente precedente” con la conseguenza che la disposizione vieta il secondo consecutivo affidamento (avente ad oggetto la stessa categorie di opere) e non – come ravvisato dalla parte ricorrente – il “terzo” affidamento da parte dell’operatore già affidatario di due consecutivi affidamenti”, non rivenendosi, per una simile interpretazione, né elementi testuali, né elementi sistematici tenuto anche conto che la disposizione si pone in linea di continuità con la precedente regolamentazione di cui alle linee guida ANAC n. 4

manodopera appalti

Pubblicato in gazzetta ufficiale il “decreto PNRR quater”: le novità in materia di tutela della manodopera negli appalti pubblici

Il 2 marzo 2024 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge 2 marzo 2024, n. 19 che introduce, tra l’altro, novità in tema di contrasto alla manodopera irregolare negli appalti pubblici e l’istituzione di una “patente” per poter operare nei cantieri edili. Limitando l’analisi del presente contributo ai soli innesti normativi rilevanti per i pubblici appalti si evidenziano due novità di interesse: Lotta al lavoro irregolare: Viene espressamente previsto che prima di procedere al saldo finale dei lavori edili, il responsabile del progetto (RUP), ovvero il committente nel caso di appalti privati, siano tenuti a verificare la congruità dell’incidenza della manodopera sull’opera complessiva, nei casi e secondo le modalità di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali n. 143 del 25 giugno 2021. Tale decreto introduceva per tutti i cantieri avviati a far data dal 1 novembre 2021 la necessità di acquisire il c.d. “DURC di congruità”, al fine di verificare il rispetto di indici minimi di incidenza della manodopera sul cantiere complessivo, quantificati in relazione alle categorie dei lavori da eseguire. In maniera estremamente sintetica: tale DURC di congruità deve essere richiesto, in occasione della presentazione dell’ultimo stato di avanzamento dei lavori e prima di procedere al saldo finale dei lavori da parte dell’impresa, alla competente Cassa Edile/Edilcassa, che in caso di riscontrata carenza di congruità invita l’impresa a regolarizzare l’importo previsto per la manodopera sino a portarlo alla soglia di congruità. In caso di mancata regolarizzazione entro i termini previsti, anzitutto la Cassa Edile/Edilcassa territorialmente competente procede all’iscrizione dell’impresa affidataria nella Banca nazionale delle imprese irregolari (BNI), e in secondo luogo l’impresa esecutrice dei lavori subisce ripercussioni negative sulle successive verifiche di regolarità contributiva finalizzate al rilascio del DURC. Con il decreto in commento, al fine di una maggiore responsabilizzazione del RUP, viene previsto che negli appalti pubblici di valore complessivo pari o superiore a 150.000 € e fermi restando i profili di responsabilità amministrativo-contabile, l’avvenuto versamento del saldo finale da parte del responsabile del progetto in assenza di esito positivo della verifica di congruità della manodopera o di previa regolarizzazione della posizione da parte dell’impresa affidataria dei lavori, è considerato negativamente dalla stazione appaltante ai fini della valutazione della performance dello stesso. Quanto alla sanzione prevista per l’esecutore dei lavori non in possesso della certificazione di congruità della manodopera, si stabilisce che l’accertamento della violazione venga comunicato all’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), anche ai fini dell’esercizio dei poteri ad essa attribuiti ai sensi dell’articolo 222, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 (Codice dei contratti pubblici). Nel caso di appalti privati, invece, laddove il valore complessivo dei lavori risulti pari o superiore a 500.000 €, viene previsto che il versamento del saldo finale, in assenza di esito positivo della verifica o di previa regolarizzazione della posizione da parte dell’impresa affidataria dei lavori, comporti la sanzione amministrativa da euro 1.000 ad euro 5.000 a carico del committente. A maggior tutela della manodopera impiegata negli appalti, viene inoltre aggiunto all’art. 29 della “legge Biagi” (Decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276) il comma 1-bis, che intervenendo sui livelli retributivi minimi così prevede: “Al personale impiegato nell’appalto di opere o servizi e nell’eventuale subappalto è corrisposto un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale e territoriale maggiormente applicato nel settore e per la zona il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto”. Viene inoltre modificato il successivo comma 2 del medesimo articolo che estende i casi di responsabilità solidale tra committente e appaltatore, con riguardo ai trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, alle ipotesi in cui l’utilizzatore della manodopera ricorra alla somministrazione di prestatori di lavoro , nonché ai casi di appalto e di distacco. Patente di cantiere: Vengono poi apportate delle modifiche al Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, sostituendo il precedente art. 27 “Sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi tramite crediti” e introducendo una “patente” per imprese e professionisti che operano in cantiere. Cercando di delineare in maniera sintetica il funzionamento di tale nuovo sistema, viene previsto che a far data dal 1/10/2024 imprese e lavoratori autonomi, che non siano già titolari dell’attestato di qualificazione SOA di cui all’articolo 100, comma 4, del Codice dei contratti pubblici, debbano necessariamente essere in possesso di una patente che viene rilasciata dalla competente sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, al sussistere dei seguenti requisiti: a) iscrizione alla camera di commercio industria e artigianato; b) adempimento, da parte del datore di lavoro, dei dirigenti,dei preposti e dei lavoratori dell’impresa, degli obblighi formativi previsti dal d.lgs. 81/08; c) adempimento, da parte dei lavoratori autonomi, degli obblighi formativi previsti dal d.lgs. 81/08; d) possesso del documento unico di regolarità contributiva in corso di validità (DURC); e) possesso del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR); f) possesso del Documento Unico di Regolarità Fiscale (DURF). Al suo rilascio, la patente è dotata di un numero di crediti pari a 30 ed è previsto che per operare nei cantieri si debbano avere almeno 15 crediti. Il comma 4 del modificato art. 27 prevede che la patente subisce le decurtazioni correlate alle risultanze degli accertamenti e dei conseguenti provvedimenti definitivi emanati nei confronti dei datori di lavoro, dirigenti e preposti dell’impresa o del lavoratore autonomo nella seguente maniera: a) accertamento delle violazioni di cui all’Allegato I del d.lgs. 81/08 (Gravi violazioni ai fini dell’adozione del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale): 10 crediti; b) accertamento delle violazioni che espongono i lavoratori ai rischi indicati nell’Allegato XI del medesimo decreto (Elenco dei lavori comportanti rischi particolari per la sicurezza e la salute dei lavoratori): 7 crediti; c) provvedimenti sanzionatori di cui all’articolo 3, commi 3 e seguenti, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12 (Disposizioni urgenti per il completamento delle

concessioni balneari

Concessioni balneari: tra caos scadenze e prospettive di inapplicabilità della direttiva Bolkestein

A un mese dalla scadenza delle attuali concessioni balneari cerchiamo di fare luce sui possibili scenari.   Come sottolineato nei precedenti articoli, si sono stratificati nel tempo diversi innesti normativi e sentenze – tanto nazionali quanto europee – che hanno reso estremamente difficoltoso individuare una data certa di scadenza delle concessioni, in attesa di una riforma del settore che sembra non arrivare mai. Cercando di fornire una sintesi quanto più stringente, ricordiamo che, ad oggi, il termine ordinario di scadenza di tutte “le concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l’esercizio delle attività turistico-ricreative e sportive”, nonché dei “rapporti aventi ad oggetto la gestione di strutture turistico-ricreative e sportive in aree ricadenti nel demanio marittimo per effetto di provvedimenti successivi all’inizio dell’utilizzazione” risulterebbe (il condizionale è d’obbligo) fissato al 31/12/2024 in forza dell’art. 3, comma 1, legge 5 agosto 2022, n. 118 (termine inizialmente fissato dalla stessa legge al 31/12/2023 e successivamente esteso di 1 anno con il Decreto-Legge 29 dicembre 2022, n. 198, convertito con modificazioni dalla L. 24 febbraio 2023, n. 14). Tuttavia, il meccanismo di rinnovo automatico delle concessioni in essere disposto per legge è stato dichiarato illegittimo in una moltitudine di sentenze da parte dei giudici amministrativi (su tutte si richiama la pronuncia del Consiglio di Stato, sez. VI, 1.3.2023 n. 2192 che prendeva in esame proprio l’appena citato d.l. 198/2022 e per la quale rimandiamo al precedente articolo, anche per un’analisi più approfondita su rapporti tra legge italiana e diritto europeo), in quanto in diretto contrasto con l’articolo 12, comma 2 della Direttiva Bolkestein (Direttiva 2006/123/Ce del Parlamento Europeo e del Consiglio). In considerazione della riscontrata illegittimità di proroghe disposte ex lege, dunque, appare ragionevole considerare -in via prudenziale – quale naturale data di scadenza delle concessioni quella del 31/12/2023, come inizialmente previsto dal citato art. 3, co. 1, l. 118/2022 e come individuato dal Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria con le sentenze “gemelle” nn. 17 e 18 del 9/11/2021 (per l’analisi delle quali rimandiamo nuovamente a quanto già pubblicato in precedenza. Video – Articolo). Ciononostante, ad avviso di chi scrive, sembrerebbe ragionevole ritenere legittima una proroga delle attuali concessioni per l’anno 2024 (e salva in ogni caso la clamorosa possibilità di riconoscere come inapplicabile sul territorio italiano la stessa direttiva Bolkestein), in virtù delle considerazioni che si vanno subito ad esporre. Va preliminarmente ricordato come l’art. 12 comma 1 della direttiva imponga l’obbligo di gara pubblica per l’individuazione dei concessionari, solo laddove il numero di autorizzazioni astrattamente concedibili sia limitato in ragione della scarsità delle risorse naturali. Orbene, per dare avvio ai nuovi affidamenti delle concessioni balneari tramite pubblica gara e verificare l’eventuale sussistenza (o no) di “scarsità” della risorsa naturale, il citato d.l. 198/2022, all’art. 10-quater, ha istituito un Tavolo tecnico consultivo in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali, con lo scopo di effettuare, in via preliminare, una mappatura delle coste italiane. Orbene, tale attività si è conclusa nello scorso ottobre, quando sono state presentate al Governo le risultanze della mappatura. Già solo il dato temporale, dunque, sembrerebbe giustificare la possibilità di proroga prevista dall’art. 3, comma 3 l. 118/2022, il quale dispone che “in presenza di ragioni oggettive che impediscono la conclusione della procedura selettiva (…), connesse, a titolo esemplificativo, alla pendenza di un contenzioso o a difficoltà oggettive legate all’espletamento della procedura stessa, l’autorità competente, con atto motivato, può differire il termine di scadenza delle concessioni in essere per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura (…)”. Le amministrazioni concedenti, infatti, non potevano che attendere il risultato dell’attività di mappatura delle coste prima di avviare le procedure per l’affidamento delle nuove concessioni (procedure che, peraltro, dovrebbero essere disciplinate in maniera uniforme a livello nazionale e che ancora non sono state definite), risultando del tutto impraticabile l’individuazione di nuovi concessionari entro l’imminente data del 31/12/2023 ed essendo dunque incontestabile la presenza delle citate “difficoltà oggettive” nell’espletamento delle gare. Sul punto merita sottolineare come l’appena citato articolo preveda due distinti termini di scadenza delle concessioni. Un primo termine “ordinario” a cui si collega la possibilità di una proroga entro e non oltre un secondo termine “eccezionale”, eventualmente raggiungibile solo nelle suesposte circostanze. Orbene l’attuale testo normativo prevede, come già evidenziato, la scadenza delle concessioni al 31/12/2024, con possibilità di proroga in casi eccezionali sino al 31/12/2025. Tuttavia l’innesto normativo che ha prolungato di un anno ciascuno i predetti termini è stato già riconosciuto come inapplicabile dal Consiglio di Stato, dovendosi dunque intendere come termine “ordinario” quello del 31/12/2023 e come “eccezionale” quello del 31/12/2024. Pertanto, continuando ad adottare un approccio prudenziale, una proroga sino al 31/12/2024 sembrerebbe legittima anche in ossequio all’originario testo della l. 118/2022. In secondo luogo, il dato che emerge dall’attività di mappatura del Tavolo tecnico -il quale ha evidenziato come delle complessive aree demaniali marittime, solo circa il 33% sarebbe occupato da concessioni demaniali – potrebbe portare a una clamorosa declaratoria di inapplicabilità dell’intera direttiva Bolkestein all’interno del territorio italiano. Tale circostanza, infatti, sembrerebbe portare in luce la non scarsità della risorsa naturale oggetto di concessione demaniale, con conseguente impossibilità di applicare, sotto il profilo oggettivo, l’intera direttiva europea per carenza dei presupposti di cui al citato art. 12 comma 1. Tuttavia, anche per gli effetti dirompenti a cui i risultati di tale attività di mappatura potrebbero portare, non può che imporsi un approccio improntato alla più ampia cautela, evidenziando come in ogni caso tali risultanze debbano ancora essere sottoposte al vaglio delle competenti autorità. Va segnalato, infatti, come innanzitutto sia stato criticato da più fronti lo stesso metodo di calcolo impiegato dal Tavolo tecnico nell’individuazione delle aree demaniali (che apparentemente avrebbe preso in considerazione, nell’attività di mappatura, la totalità della costa italiana, includendovi dunque anche aree non balneabili e/o difficilmente sfruttabili dal punto di vista economico) e in secondo luogo come le risultanze di tale attività dovranno necessariamente essere poste a un primo vaglio della Conferenza Unificata, per essere poi inviate alla Commissione Europea per la relativa valutazione. Nell’ipotesi in cui tale analisi