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Parità di genere e gare pubbliche: quando è consentito l’avvalimento premiale?

Avvalimento premiale e certificazione di parità di genere: cosa ha stabilito il Consiglio di Stato

Come abbiamo già chiarito in questo articolo, le stazioni appaltanti sono tenute a prevedere, nei bandi di gara, un criterio premiale legato al possesso della certificazione di parità di genere. Si tratta di un requisito sempre più strategico: consente infatti di ottenere punti aggiuntivi in fase di valutazione dell’offerta tecnica.

Ma cosa succede se l’impresa che partecipa alla gara non possiede direttamente la certificazione e intende “prenderla in prestito” da un’altra impresa tramite avvalimento? È possibile farlo?

Con la sentenza n. 5345/2025 del 18 giugno 2025 il Consiglio di Stato ha risposto a questo quesito, tracciando un confine chiaro tra ciò che è legittimo e ciò che non lo è.


Il caso: l’aggiudicazione con avvalimento della certificazione

Il Comune di Bolzano aveva bandito una gara per la fornitura di buoni pasto ai propri dipendenti. Tra i criteri premianti, erano previsti 2 punti aggiuntivi per chi possedeva la certificazione di parità di genere.

Un’impresa partecipante, non in possesso della certificazione, ha dichiarato di avvalersi di un’impresa ausiliaria che invece la possedeva. In questo modo ha ottenuto i 2 punti e ha vinto la gara.

La seconda classificata ha promosso ricorso innanzi al Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino, sostenendo che quella certificazione non poteva essere oggetto di avvalimento. Il TAR ha accolto le doglianze della ricorrente, sostenendo sul punto come “la certificazione di parità di genere attiene ad una condizione soggettiva intrinseca dell’azienda che non può costituire oggetto di un contratto di avvalimento, perché non assimilabile ad una risorsa da mettere adisposizioni di terzi che poi la potrebbero impiegare nell’esecuzione di un lavoro o di un servizio”, ma tale pronuncia è stata poi impugnata davanti al Consiglio di Stato.


Cosa ha stabilito il Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato ha confermato che l’avvalimento premiale è legittimo anche per la certificazione di parità di genere. Questo perché:

  • la certificazione è assimilabile alle altre certificazioni di qualità aziendale (come quelle ISO);

  • il nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 36/2023) consente espressamente l’avvalimento anche solo per migliorare l’offerta (art. 104), non solo per integrare i requisiti di partecipazione;

  • il legislatore non ha previsto alcun divieto per l’avvalimento su questo tipo di certificazione.

  • fuori dall’ambito dei requisiti generali (corrispondenti alle cause di esclusione) di cui agli artt. 94 e 95 del Codice, che riguardano l’imprenditore quale soggetto, è sempre ammesso il ricorso all’istituto dell’avvalimento.

Ma attenzione: il contratto di avvalimento deve essere redatto in maniera puntuale e dettagliata

Nonostante il principio favorevole, il Consiglio di Stato ha comunque annullato l’aggiudicazione. Il motivo? Il contratto di avvalimento era troppo generico: si limitava a citare la certificazione, senza specificare quali risorse, procedure o assetti organizzativi venivano messi a disposizione.

Secondo il massimo consesso di giustizia amministrativa, un contratto di avvalimento privo di contenuti concreti è nullo ex art. 104, comma 1, secondo periodo del Codice: serve indicare con precisione cosa viene trasferito, soprattutto se si tratta di una certificazione che attesta prassi aziendali effettive, come quella sulla parità di genere.


Cosa devono sapere le imprese

  1. Sì, è possibile usare l’avvalimento premiale per ottenere punteggi aggiuntivi legati alla certificazione di parità di genere.

  2. Ma il contratto di avvalimento deve essere dettagliato, concreto e verificabile, a pena di nullità.

  3. Le dichiarazioni generiche possono costare l’aggiudicazione.


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