Commercio su aree pubbliche

Concessioni per il commercio su aree pubbliche: dal 2024 torna in vigore l’applicabilità della direttiva Bolkestein

La legge annuale per il mercato e la concorrenza approvata nel dicembre 2023 reintroduce il principio dell’affidamento mediante gara pubblica per le concessioni relative al commercio su aree pubbliche.

 

Con la recente legge 30 dicembre 2023, n. 214 “Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2022” il legislatore, seppure in maniera per certi versi contraddittoria, (re)introduce il principio dell’affidamento delle concessioni per l’attività di commercio su aree pubbliche mediante procedure di gara.

Per fare luce sull’attuale quadro normativo, giova fare un breve excursus delle disposizioni che dal 2010, tra iniziali tentativi di aprire la materia al mercato, rinnovi disposti ex lege e chiusure complete ad affidamenti mediante gara pubblica, si sono andate a stratificare nel tempo.

Con il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, rubricato “Attuazione della direttiva 2006/123/CE (cioè la c.d. direttiva Bolkestein) relativa ai servizi nel mercato interno” si tentavano di recepire all’interno dell’ordinamento italiano, i principi contenuti nella direttiva riguardanti le procedure di selezione dei concessionari.

In particolare, l’articolo 16, comma 1 (ad oggi ancora in vigore nella sua formulazione originaria), riproducendo in maniera pressoché identica l’art. 12, comma 1 della direttiva Bolkestein prevedeva che “Nelle ipotesi in cui il numero di titoli autorizzatori disponibili per una determinata attività di servizi sia limitato per ragioni correlate alla scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche disponibili, le autorità competenti applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali ed assicurano la predeterminazione e la pubblicazione, nelle forme previste dai propri ordinamenti, dei criteri e delle modalità atti ad assicurarne l’imparzialità, cui le stesse devono attenersi”.

Il successivo art. 70 comma 5 del medesimo decreto legislativo, rinviava a una successiva intesa da raggiungersi in sede di Conferenza unificata l’individuazione dei criteri per il rilascio e il rinnovo della concessione dei posteggi per l’esercizio del commercio su aree pubbliche.

Tale intesa venne raggiunta il 5 luglio 2012, prevedendo un regime transitorio, con proroga temporanea delle concessioni in essere (da 5 a 7 anni, in relazione alla tipologia di attività esercitata).

A distanza di pochi anni le concessioni ottennero una nuova proroga, con decreto legge n. 244 del 30.12.2016 (uno dei c.d. decreti “milleproroghe”), art. 6 comma 8, che spostò il termine di scadenza alla data del 31.12.2018. Al contempo però veniva imposto alle pubbliche amministrazioni di procedere con l’indizione di procedure per l’individuazione dei nuovi concessionari tramite pubblica selezione.

Tuttavia ben poche amministrazioni davano seguito al dettato normativo, tanto che ad un solo anno di distanza, con legge 27 dicembre 2017, n. 205 “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020”, all’art. 1, comma 1180 veniva disposto che Al fine di garantire che le procedure per l’assegnazione delle concessioni di commercio su aree pubbliche siano realizzate in un contesto temporale e regolatorio omogeneo, il termine delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore della presente disposizione e con scadenza anteriore al 31 dicembre 2020 è prorogato fino a tale data”.

Al successivo comma 1181 veniva nuovamente demandata a una futura intesa in sede di Conferenza Unificata la definizione di criteri da adottare all’interno delle procedure di gara per l’individuazione dei concessionari. Questa volta, tuttavia, veniva previsto, in esplicita deroga al citato articolo 16 del d.lgs. 59/2010 “specifiche modalità di assegnazione per coloro che, nell’ultimo biennio, hanno direttamente utilizzato le concessioni quale unica o prevalente fonte di reddito per se’ e per il proprio nucleo familiare”.

Pertanto, in aperto contrasto con la direttiva Bolkestein (che all’art. 12 comma 2 prevede il divieto di rinnovi automatici, nonché l’attribuzione di vantaggi ai concessionari uscenti), nel quadro delineato dal legislatore nel 2017 le nuove procedure avrebbero dovuto espressamente, per dichiarati obiettivi di politica sociale connessi alla tutela dell’occupazione, favorire gli attuali gestori, che nel biennio precedente l’indizione delle procedure avessero tratto la loro maggiore fonte di sostentamento dallo sfruttamento della concessione.

Tuttavia, sia pure con tale favor per i concessionari uscenti, l’intesa per l’individuazione dei criteri di assegnazione delle nuove concessioni non venne raggiunta e addirittura, con la successiva legge di bilancio, si arrivò alla completa esclusione dal campo applicativo dei principi Bolkestein per il commercio al dettaglio sulle aree pubbliche.

Con Legge del 30/12/2018 n. 145 “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021”, all’art. 1, comma 686, infatti, viene da un lato esplicitamente abrogato l’articolo 70 del d.lgs. 59/2010, il quale richiamava l’intesa in sede di Conferenza Unificata per l’individuazione dei principi da adottare per le nuove assegnazioni delle concessioni e dall’altro introdotto l’articolo 4-bis all’art. 16 d.lgs. 59/2010 che espressamente sottrae l’intero commercio su aree pubbliche dall’ambito applicativo dell’art 16 stesso il quale, come sopra richiamato, in applicazione della direttiva Bolkestein impone il principio della pubblica gara per l’affidamento delle concessioni.

A creare una situazione di incertezza che perdura sino ad oggi (analogamente a quanto accade nel settore delle concessioni balneari) è intervenuta poi la successiva Legge 17 luglio 2020, n. 77 di Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, recante misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”.

Orbene, tale legge, introducendo il comma 4-bis all’art. 181 del citato d.l. 34/2020 dispone per le concessioni ancora non ri-assegnate ai sensi della citata intesa sancita in sede di Conferenza unificata il 5 luglio 2012 e con scadenza entro il 31.12.2020 un rinnovo ex lege, previa verifica della sussistenza di determinati requisiti, di 12 anni a partire da tale data, cioè con scadenza al 31.12.2032.

Tale rinnovo automatico, così come accade per le concessioni balneari, ha tuttavia l’effetto di creare una grande incertezza per tutti gli operatori del settore in quanto da un lato le concessioni sembrerebbero aver legittimamente una durata sino alla durata indicata nel titolo (cioè potenzialmente sino a fine 2032), ma dall’altro tali rinnovi, così come accade per il settore delle concessioni balneari (rinviando sul punto ai precedenti articoli :La Sorte Delle Concessioni Balneari Dopo La Sentenza Della Corte Di Giustizia Europea Del 20 Aprile 2023, Concessioni Balneari: Tra Caos Scadenze E Prospettive Di Inapplicabilità Della Direttiva Bolkestein) sono stati ritenuti dalla giurisprudenza, come subito si vedrà, illegittimi e assolutamente privi di effetti giuridici.

Completando il quadro normativo ed arrivando all’ultimo tassello, tale situazione di incertezza è aggravata dalla recente di bilancio del 30 dicembre 2023, n. 214, che sembra disciplinare la materia in maniera piuttosto contraddittoria.

L’articolo 11 comma 1 della citata legge al primo comma esordisce imponendo il principio di pubblica gara: A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, le concessioni di posteggio per l’esercizio del commercio su aree pubbliche sono rilasciate, per una durata di dieci anni, sulla base di procedure selettive, nel rispetto dei principi di imparzialità, non discriminazione, parità di trattamento, trasparenza e pubblicità, secondo linee guida adottate dal Ministero delle imprese e del made in Italy, previa intesa in sede di Conferenza unificata, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, da sancire entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge”.

A rafforzare il favor per la pubblica gara viene altresì previsto, al successivo comma 3, l’obbligo per le amministrazioni di effettuare una ricognizione annuale delle aree concedibili, procedendo con cadenza annuale all’indizione di procedure selettive per l’individuazione dei relativi concessionari e, in conclusione, viene espressamente abrogato il comma 4-bis dell’art. 16 d.lgs. 59/2010 il quale, come visto, sottraeva il commercio su aree pubbliche al principio dell’affidamento mediante pubblica gara.

Orbene, dalla lettura di tale prime disposizioni, parrebbe emergere la volontà del legislatore, in ossequio ai principi europei e nello specifico quelli contenuti nella direttiva Bolkestein, di procedere prontamente con l’indizione di procedure di gara per l’individuazione dei nuovi concessionari.

Tuttavia, i successivi commi del medesimo art. 11, in apparente contrasto con quanto appena visto, prevedono dei rinnovi automatici -di elevata durata – per le attuali concessioni in essere.

Infatti viene previsto che i procedimenti di rinnovo dodicennale delle concessioni di cui al citato comma 4-bis dell’art. 181 d.l. 34/2020 debbano concludersi entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa e che in caso di mancata conclusione del procedimento di rinnovo, le concessioni si intendono ex lege rinnovate per la durata di 12 anni. Mentre per le ulteriori concessioni in essere, non interessate dalla predetta procedura di rinnovo, viene invece prevista una proroga automatica sino al 31.12.2025.

Salta subito all’occhio il parallelo con le analoghe problematiche relative alle concessioni balneari, di cui abbiamo diffusamente parlato.

La questione giuridica di fondo è in effetti la medesima: la direttiva Bolkestein fa da cornice normativa a qualsiasi tipo di concessione, quantitativamente contingentata, riguardante servizi suscettibili di sfruttamento economico. Ne deriva che, per il principio di supremazia del diritto europeo (sul quale si rinvia al citato articolo), la normativa italiana che preveda rinnovi automatici dovrà essere disapplicata a livello interno da tutti gli organi preposti in sede amministrativa e giudiziaria.

Tale contrasto è già stato ampiamente rilevato dalla giurisprudenza amministrativa, che qui si riporta per la chiarezza espositiva con la quale viene affrontata la questione.

In particolare all’interno della sentenza del Consiglio di Stato, sez. VII, n. 9104/2023 del 19/10/2023, leggiamo come “il commercio ambulante, o commercio su area pubblica, è una attività di vendita di merci al dettaglio, effettuata su aree di proprietà pubblica,ovvero su piazzole o posteggi assegnati, oppure in forma itinerante e tale attività rientra senza alcun dubbio nella nozione di servizi di cui alla direttiva 2006/123 (cfr. al riguardo, Corte giust. UE, 30 gennaio 2018, C-360/15 e C-31/16).(…)L’esclusione dell’attività del commercio su aree pubbliche dal campo di applicazione del decreto legislativo n. 59/2010 e, quindi, della direttiva servizi si pone in diretto contrasto con le previsioni di tale direttiva, che, come sopra detto, prevedono in via tassativa le ipotesi di esclusione e tra esse non rientra il commercio su aree pubbliche. Contrariamente a quanto si deduce negli appelli, gli Stati membri non hanno, quindi, alcun margine di discrezionalità nel prevedere ulteriori ipotesi di esclusione dall’ambito di applicazione della direttiva e ogni questione sulle modalità di applicazione delle disposizioni della direttiva servizi si pone logicamente dopo la corretta definizione del suo ambito di applicazione; conseguentemente, le citate disposizioni della legge di bilancio 2019 vanno disapplicate, come correttamente effettuato dal Tar.

(…)le attività di commercio su aree pubbliche, contrariamente a quanto dedotto negli appelli, in analogia con il demanio marittimo, esibiscono il connotato dalla scarsità la quale ai sensi del più volte richiamato art. 12 della direttiva servizi giustifica la selezione “per il mercato”, in cui l’accesso al settore economico avvenga mediante procedure ad evidenza pubblica. Non persuadono sul punto le deduzioni con cui pongono in rilievo le asserite differenze che connoterebbero il settore turistico-ricreativo esercitato sul demanio marittimo rispetto al commercio su aree comunali. In entrambi i casi l’attività economica è consentita solo attraverso l’utilizzo del bene pubblico, il quale pertanto, sulla base della sua naturale limitatezza, giustifica la selezione degli operatori economici mediante criteri obiettivi e trasparenti, propri dell’evidenza pubblica. Tra i due settori è quindi ravvisabile un minimo comune denominatore, dato dall’esistenza di una domanda che dal mercato si rivolge a risorse pubbliche, la cui limitatezza esige di regolarne l’accesso attraverso modelli imparziali di selezione, quale quello dell’evidenza pubblica sancito dall’art.12 della direttiva 2006/123/CE. Contrariamente a quanto si sostiene negli appelli, a quest’ultimo non può invece essere ricondotto il meccanismo di rinnovo delle concessioni previa verifica dei requisiti di legge, previsto dalla legislazione emergenziale interna (art. 181, comma 4-bis, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34). In esso sono infatti assenti gli elementi apertura al mercato e concorrenzialità propri dell’evidenza pubblica, rivolta indistintamente non solo ai soggetti già operanti nel settore economico, ma a nuovi potenziali operatori. Nella medesima direzione va sottolineato il rinnovo automatico e generalizzato per una considerevole durata (dodici anni) dei titoli di concessione, stabilito dalla medesima legislazione emergenziale, peraltro disposto in via diretta all’interno di un quadro normativo palesemente in contrasto con la disciplina dell’Unione europea e neanche quindi con una disposizione transitoria diretta ad accompagnare -nei limiti di compatibilità eurounitaria – il ripristino delle regole previste della direttiva servizi e la disciplina della modalità di selezione dei diversi candidati all’esercizio di tali attività.

Per le ragioni finora esposte risulta quindi corretta la sentenza di primo grado nella parte in cui ha considerato estensibili al settore del commercio su area pubblica oggetto del presente giudizio i principi enunciati dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato, nelle sentenze del 9 novembre 2021, nn. 17 e 18, sopra richiamate, ivi compreso il potere dell’amministrazione pubblica nazionale di disapplicare la normativa interna in contrasto con quella sovranazionale”.

Merita da ultimo sottolineare come tale insanabile discrasia tra l’esigenza di procedere a nuovi affidamenti delle concessioni mediante una procedura di selezione a evidenza pubblica e il rinnovo disposto per legge di quelle in essere, sia stata rilevata ab origine, in maniera quasi contestuale alla promulgazione della legge stessa.

Con comunicato al Presidente del Consiglio e ai Presidenti delle Camere, il Presidente della Repubblica ha infatti espresso tutta la sua preoccupazione circa la situazione di assoluta incertezza che regna tanto in ambito di concessioni demaniali marittime quanto in materia di concessioni relative al commercio su aree pubbliche.

Per esigenza di sintesi si rinvia al testo integrale, limitandosi in questa sede a riprendere e condividere la chiusura del messaggio stesso: “I profili di contrasto con il diritto europeo e con decisioni giurisdizionali definitive accrescono l’incertezza del quadro normativo, determinando la necessità di garantire la certezza del diritto e l’uniforme interpretazione della legge da parte di tutti i soggetti coinvolti. Così come ho osservato riguardo alla vicenda delle concessioni demaniali, ciò rende indispensabili, a breve, ulteriori iniziative di Governo e Parlamento”.

Non possiamo dunque che attendere nuovi interventi normativi che portino ad un’armonizzazione del diritto interno con quello europeo al fine di evitare una proliferazione di contenziosi amministrativi e il perdurare di una situazione di assoluta incertezza.

Articolo scritto da Avvocato Massimiliano Campofranco – settore Diritto Amministrativo e Appalti

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