concorsi pubblici

Concorsi pubblici e segni di riconoscimento: esclusione del candidato anche se le informazioni riguardano soggetti terzi

Con la sentenza n. 8572/2023 del 29 settembre 2023, il Consiglio di Stato ha evidenziato come, nell’ambito dei concorsi pubblici, sia causa di esclusione l’apposizione di un segno di riconoscimento anche laddove non riferibile al candidato stesso, bensì a un soggetto terzo.

 

In tema di concorsi pubblici, la giurisprudenza è stata più volte chiamata a dover valutare se delle informazioni contenute all’interno di un elaborato, non strettamente e direttamente collegate alla risposta al quesito posto, fossero tali da non garantire l’anonimato del candidato.

La necessità di anonimato è stata a più riprese riconosciuta come precipitato dei principi costituzionali di uguaglianza, di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione e immanente rispetto all’accesso ai pubblici uffici per concorso. È infatti indispensabile che l’identità del candidato rimanga anonima per evitare qualsiasi tipo di indebito condizionamento dell’Amministrazione che nella selezione del proprio personale è tenuta a valutare unicamente la preparazione del candidato, al fine di selezionare i soggetti ritenuti più idonei per il miglior funzionamento dell’apparato pubblico.

Merita tuttavia precisare come il principio dell’anonimato non debba essere inteso in senso assoluto, ma trovi un temperamento nel criterio di ragionevolezza, in quanto non necessariamente tutte le volte in cui le tecniche concretamente utilizzate dal candidato nella redazione dell’elaborato si discostino leggermente da quelle “ordinarie”, queste debbano considerarsi automaticamente e per ciò solo lesive del criterio di imparzialità. Ciò che va verificato infatti è se queste tecniche redazionali risultino astrattamente idonee a far venir meno l’anonimato in sede di valutazione dell’elaborato da parte della commissione esaminatrice. In questo senso sì è espressa da tempo la giurisprudenza per la quale si riporta tra tutte la sentenza del T.A.R. Toscana sez. I – Firenze, 27/10/2017, n. 1282, dove si legge che “la regola dell’anonimato degli elaborati scritti, anche se essenziale, non può essere intesa in modo assoluto e tassativo, tale da comportare l’invalidità delle prove ogni volta che sia solo ipotizzabile il riconoscimento dell’autore del compito. Nell’applicazione di quella regola ciò che rileva – secondo la stessa giurisprudenza – è l’astratta idoneità del segno a fungere da elemento di identificazione. Ma astrattezza vuol dire potenzialità concreta. L’ossimoro si spiega con il fatto che la violazione sussiste quando la particolarità redazionale riscontrata dalla commissione giudicatrice assuma un carattere oggettivamente ed incontestabilmente anomalo rispetto alle ordinarie – o comunque plausibili e ragionevoli – modalità di estrinsecazione del pensiero e di elaborazione dello stesso in forma scritta.

(…)Così, ad esempio, si è ritenuto legittimo un elaborato in cui vi fossero:

  • un asterisco alla fine dell’elaborato;

  • la prima riga, dalla seconda pagina in poi, lasciata in bianco e tutte le pagine numerate in basso a destra con numeri cerchiati;

  • le prime due righe della prima, della terza e dell’ultima pagina lasciate in bianco;

  • l’elaborato suddiviso in paragrafi numerati e titolati in stampatello;

  • alcune pagine con la prima riga lasciata in bianco:

tutti segni astrattamente rivelatori dell’autore e tuttavia rientranti in una nozione di normalità plausibile, siccome indice di una semplice meticolosità e diligenza redazionale (cfr il caso risolto da Cons. Stato Sez. VI, n. 400/2017)

Evidenziati i dovuti temperamenti, per le regioni sopra esposte, è tuttavia necessario tutelare quanto più possibile il principio dell’anonimato, salvaguardando l’imparzialità dell’amministrazione nelle proprie valutazioni. E questo senza poter in alcun modo scrutinare l’elemento psicologico del candidato. I segni di riconoscimento, cioè, vanno valutati in maniera oggettiva, senza indagare in modo alcuno quale fosse l’intenzione del candidato.

Questo è quanto si legge nella sentenza n. 8572/2023 del 29 settembre 2023 del Consiglio di Stato, sez. III, che ha così statuito: “Invero, l’annotazione delle generalità e dell’utenza telefonica di una terza persona su uno dei fogli sottoposti all’attenzione della Commissione esaminatrice non rientra nel novero di quei segni che sono suscettibili di essere ripetuti da altri candidati e non integra un errore materiale emendabile, dando luogo ad un segno estraneo – ed abnorme – rispetto al contenuto ordinario di un elaborato concorsuale.

Non rileva, pertanto, la circostanza che il nome, il cognome ed il numero il telefono annotati non siano riferibili – direttamente – alla persona dell’appellante ma ad altra concorsista né il fatto che siano stati apposti soltanto su un foglio di minuta relativo al secondo elaborato, trattandosi, comunque, di documento consegnato alla Commissione e dunque nella disponibilità della stessa.

Né rileva l’asserita mancanza di intenzionalità da parte dell’appellante, stante la particolare significatività dell’anomalia rispetto all’ordinario o comunque plausibile contenuto dell’elaborato”.

In conclusione pertanto ciò che rileva ai fini dell’esclusione dalla procedura concorsuale sono l’eventuale “abnormità” dei segni di riconoscimento rispetto alle tecniche redazionali ordinarie e la materiale disponibilità in capo alla commissione del materiale contenente tali segni, non rilevando in alcun modo l’elemento psicologico del candidato.

Articolo scritto da Avvocato Massimiliano Campofranco – settore Diritto Amministrativo e Appalti

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